Turismo di Amalfi nella fase 2
Senza il mercato internazionale, 14% di occupazione del turismo nazionale e perdite del 50%
Nella conferenza stampa che si è tenuta domenica 26 aprile, il presidente del consiglio Giuseppe Conte dichiara ufficialmente la data d’inizio della fase 2.
Dal 4 maggio, progressivamente, verranno allentate le restrizioni del lockdown e gli albergatori della penisola sono sempre più impegnati nella programmazione dell’apertura delle proprie strutture.
Una programmazione un pò ‘fai da te’, in quanto il governo dopo più di 40 giorni di quarantena, non è riuscito ancora a fornire linee guida chiare su come ci si dovrà comportare nella fase 2.
Nel disperato tentativo di tutti di noi di capirne qualcosa di più, abbiamo deciso di rivolgere qualche domanda sul turismo di Amalfi nella fase 2 al Presidente del Consorzio Turismo Amalfi di qualità, Gennaro Pisacane.
Presidente, quali sono le prospettive del turismo di Amalfi nella fase 2?
Le prospettive sono sicuramente incerte, non riusciamo a farci un’idea precisa di cosa accadrà. Solitamente, noi qui lavoriamo con un mercato internazionale dell’ 86%, che chiaramente quest’anno non ci sarà.
Prevediamo di lavorare con un 14% di affluenza italiana, che auspicabilmente potrebbe essere più alta, date le difficoltà degli italiani a muoversi verso l’estero. Essendo la costiera amalfitana una destinazione d’eccellenza, grazie all’insieme di piccoli borghi, usi e costumi con cui puoi venire a contatto, speriamo vada oltre il 14%.
Facendo una stima, secondo Lei a quanto ammonterà la perdita del settore alberghiero ad Amalfi?
Noi del Consorzio Turismo Amalfi di Qualità prospettiamo una perdita complessiva del 50%, e saremmo contenti.
Le nostre stime sono più ottimistiche, in quanto l’esistenza di proposte alternative al mare, fa si che ci siano aspetti di maggiore sicurezza per chi sceglie la vacanza ad Amalfi e, di conseguenza, si assiste ad un fenomeno di destagionalizzazione rispetto alle località prettamente marittime.
Le proposte alternative riguardano, ad esempio, la possibilità di effettuare attività outdoor, come il trekking.
Lei possiede un hotel, sta già riorganizzando le attività per la riapertura, pur non essendo state definite linee guida dallo stato?
Si, ci stiamo riorganizzando in base alle anticipazioni che finora abbiamo ricevuto. Stiamo effettuando la sanificazione quotidiana di tutte le camere, grazie all’acquisto di apparecchi di igienizzazione all’ozono.
Al momento della riapertura abbiamo deciso di organizzare le attività quotidiane in questo modo:
- effettueremo la santificazione quotidiana delle stanze, quindi non solo alla partenza del cliente;
- forniremo a tutti gli ospiti un kit comprensivo di gel e mascherina;
- doteremo gli addetti di mascherina e visiera in plexiglass, nonché di ulteriori strumenti di protezione individuale come tute per le signore della pulizia e guanti;
- per quanto riguarda il discorso delle colazioni abbiamo deciso d i non fare il buffet, ma procedere con il room service in camera;
- relativamente al discorso dell’accoglienza sarà il concierge ad andare dagli ospiti in camera, per regolarizzare le procedure di check-in e pagamento, e fornire informazioni sulla città;
- per aumentare il livello di sicurezza ed accoglienza, autorizzeremo gli ospiti a consumare pasti acquistati all’esterno della struttura.
Per quanto riguarda le attività, prediligeremo le passeggiate all’aperto, mentre per quanto riguarda la fruizione del mare, stiamo facendo accordi con i balneatori per le spiagge a cui si accede solo via mare, garantendo un servizio di ‘taxi-boat’ esclusivo per nucleo famigliare.
Presidente, da giurista, quali pensa possano essere le procedure legali da affrontare, qualora un cliente o un dipendente contraessero il coronavirus?
Non essendoci stati ancora forniti protocolli con linee guida, non possiamo capire quali standard di sicurezza garantire a livello normativo.
Fatta questa premessa, è chiaro che dal momento in cui questi protocolli saranno resi disponibili, discenderanno dagli stessi le responsabilità civili verso i clienti e i dipendenti, forse in alcuni casi anche penali.
L’hotel che vorrà restare aperto, dovrà ovviamente rispettare l’osservanza di tali norme al fine di mantenere alta la qualità dell’accoglienza del cliente, che è ciò che c’è in gioco.
Per quanto riguarda il discorso degli affitti, delle tasse, quali IMU, TARI etc, come vi state comportando?
I pagamenti fiscali ed eventuali rate del mutuo, come tutti sappiamo, sono stati congelati, per il resto le istituzioni non si sono mosse. dal DPCM di aprie che uscirà a maggio ci aspettiamo:
a) detrazioni fiscali sugli affitti, in questo momento non riconosciute per gli immobili della categoria D;
b) finanziamenti a fondo perduto a favore delle imprese per compensare le perdite ricevute;
c) defiscalizzazione degli oneri contributivi, per consentire le assunzioni a costi più contenuti. L’ultimo punto è quello che ci sta più a cuore, perchè riguarda i nostri dipendenti e aiuterebbe il turismo di Amalfi nella fase 2.
Amalfi è una grande famiglia, per 6.000 posti letto abbiamo il corrispondente di 5.000 addetti assunti.
Questo fa capire che il nostro core business è fortemente caratterizzato da una accoglienza di tipo ‘familiare’.
Senza la possibilità di assumere questo numero di addetti, rischiamo di non poter fornire lo stesso tipo di servizio.
E’ attualmente stato sospeso per gli albergatori il versamento della tassa di soggiorno. Cosa pensa circa una possibile abolizione futura?
L’optimum sarebbe abolirla, in quanto è una duplicazione d’imposta ed è fittiziamente destinata al turismo, ma in realà ogni comune finisce per destinarla a scopi completamente diversi che esulano dalle attività prettamente turistiche.
Più intelligente sarebbe imporre, appunto, un vincolo di destinazione molto rigido finalizzato a far si che il gettito sia direttamente destinato al turismo. in questo caso, lo adopererei per fare pianificazione, progettare piani strategici di accoglienza, fare formazione degli addetti.
Sarebbe sbagliato devolvere tale somma per fare campagne di promozione. L’Italia è conosciuta in tutto il mondo e non ha bisogno di questo, bensì di far trovare al viaggiatore un territorio ospitale.
Qual è il suo pensiero circa il comportamento delle OTA in questo periodo?
Ciò che è stato fatto finora da queste aziende è pura operazione di marketing, assurda e illegale per altro. Ma, da una parte, sono gli albergatori stessi ad aumentare la forza della loro posizione dominante.
Secondo lei, qual è la problematica delle prenotazioni online oggi? Cosa manca?
Non manca nulla, il loro grande problema è che erodono parecchia marginalità, riducendo di molto gli incassi degli hotel. Altrimenti in ottica di soddisfazione delle esigenze del cliente, riescono a farlo al 100%, perchè sono affidabili agli occhi del viaggiatore.
Come vedrebbe lei la creazione di una OTA fondata dagli albergatori, in cui gli investitori sono gli hotel?
Tra le cose che si potrebbero fare in Italia, c’è proprio ‘un’ota di stato’. So che c’è molta diffidenza, perché sarebbe difficile competere con le grandi aziende presenti sul mercato delle prenotazioni online.
Invece, io penso che potrebbe essere veramente molto utile e lo potrebbe essere maggiormente se lo stato investisse dotando tutti gli alberghi di una medesima piattaforma che funga sia da Booking Engine, sia da OTA.
Credo sarebbe valida, bisognerebbe investirci. Soprattutto, consentirebbe di calmierare i prezzi delle OTA e di mantenere all’interno del territorio italiano una serie di risorse. Ricordiamoci che il 25% dei ricavi OTA sono statunitensi e olandesi.
Inoltre, si riuscirebbe a creare un flusso di dati, che è la cosa che è sempre mancata all’Italia.
Oggi quando si vuole fare un’indagine sui flussi delle vacanze si prendono quelli di booking.com, noi non abbiamo i dati. Io la considero una cosa che potrebbe essere validissima, con il Consorzio Turismo Amalfi di Qualità abbiamo fatto un’esperienza a livello locale.
Ci dotammo di una piattaforma nostra, abbiamo transato 5.000.000 di euro in pochi anni.
Successivamente è stata dismessa per gli elevati costi di manutenzione e l’adeguamento alle norme sulla privacy per le carte di credito etc.